Interazioni Cuore/Cervello: le nuove frontiere in neuro-psico-fisiologia


In che  modo l’attività fisiologica del cuore interagisce con le funzioni del cervello umano? E, al contrario, quando e come le funzioni fondamentali del  nostro cervello, quelle emotive, cognitive e comportamentali interagiscono  con le attività autonomiche del “sistema cuore”? In altre parole, il cuore e  il cervello come comunicano? Quando e in che modo il contesto affettivo e  sociale diviene importante in questa interazione? 
Il XXI secolo tira le fila  sugli sviluppi compiuti dai numerosi studi della neurofisiologia,  psicofisiologia e neuroscienze cognitive. L’interesse è rivolto a comprendere  i meccanismi che legano i processi funzionali di regolazione mente-corpo  intrasistemici e intersistemici in un’ottica neurobiologica, psicologica e  sociale. In questa direzione e nell’ambito delle interazioni cuore-cervello,  è estremamente interessante la Teoria Polivagale di S. Porges (Porges,  2001-2007) che si propone di spiegare i meccanismi neurofisiologici  sottostanti questa interazione ampliando, così, il paradigma classico del  sistema nervoso autonomo. 
Porges, partendo dagli studi anatomofunzionali del  nostro cervello, integra la sua teoria con i moderni paradigmi della psicologia evoluzionistica, della Infant Research (in neuropsicofiologia e  psicopatologia infantile) e delle scienze cognitive
Come sappiamo, la teoria  neurofisiologica classica divide il sistema nervoso autonomo in sistema  simpatico e sistema parasimpatico. In questo modello, il sistema simpatico ha  funzione attivante e catabolica (utilizza energia), aumenta lo stato di  reattività dell’organismo (arousal), predisponendolo all’attacco o alla fuga.  Le reazioni sono mediate da adrenalina e noradrenalina. E’, dunque,  responsabile della nostra sopravvivenza. Il termine arousal  (traducibile in italiano, in maniera poco esaustiva, con il termine “stato di  attivazione”) si riferisce alla modalità dell’organismo di essere reattivo  rispetto a stimoli interni ed esterni di varia natura, modificando parametri  fisiologici come la frequenza cardiaca, il ritmo respiratorio, la  vasodilatazione, la vasocostrizione, l’attività elettrica del cuore, la  motilità intestinale, la secrezione ormonale, la conducibilità elettrica  della cute, il diametro pupillare, ecc. Il sistema parasimpatico,  all’opposto, ha funzioni anaboliche, ovvero di risparmio e ripristino  dell’energia, diminuisce lo stato di arousal, agisce attraverso il  nervo vago a trasmissione colinergica, rallenta la frequenza cardiaca,  facilita la digestione. Ha un ruolo, quindi, protettivo e di recupero  dell’omeostasi. 
La visione dualista e antagonista dei due sistemi, così come  è stata studiata negli anni, ha determinato una maggiore enfasi sul ruolo del  simpatico nell’attivare le nostre risposte allo stress e ha dato una minore  attenzione alla comprensione delle funzioni specifiche del sistema  parasimpatico. Secondo Porges, la prospettiva simpatico-centrica del nostro  sistema autonomo, pur spiegando bene il funzionamento di alcuni organi  specifici a livello locale, non costituisce un modello esaustivo per spiegare  come gli esseri umani si difendono dalle diverse e molteplici condizioni  avverse della vita. 
Porges propone un modello bidirezionale che lega mente e  corpo, considerando il ruolo del cervello nella regolazione della fisiologia  periferica (per esempio la regolazione neurale sia delle attività  cardiovascolari sia delle funzioni endocrine), come una piattaforma neurale  da cui emergono i comportamenti sociali con funzioni adattive e orientate a  uno scopo.
  La Teoria Polivagale pone l’enfasi su: 
  1. l’esistenza di due circuiti vagali anziché uno solo; 
  2. l’importanza della relazione gerarchica tra loro; 
  3. l’importanza di considerare tutte le risposte difensive come adattive di fronte alle difficoltà ambientali e di relazione sociale.
Il primo  quesito è: ci difendiamo solamente agendo risposte di iper-arousal?
Per rispondere a questa domanda, Porges prende in considerazione il paradigma  evoluzionistico della specie e questa cornice è la prima differenza tra  dualismo antagonista del SNA e Teoria Polivagale. La prospettiva filogenetica  fa riferimento al cervello tripartito di McLean (1973) in cui, nell’uomo, è  possibile rilevare tre sezioni strutturali: 
  • Cervello Rettiliano (la struttura più antica, tipica dei rettili ancestrali),       formata dal tronco encefalico, dall’ipotalamo, dal talamo e dai nuclei       della base; 
  • al disopra del cervello rettiliano, circa 100 milioni di anni fa si è       formato il Cervello Limbico, struttura formata dal riencefalo e dal lobo       limbico che caratterizza il cervello dei mammiferi inferiori; 
  • Crescendo di complessità, circa 20 milioni di anni fa, si è aggiunta la terza  struttura neurale: Cervello Neocorticale o Neopalio o Cervello       Mammifero, composta dalle circonvoluzioni più esterne della corteccia       cerebrale che caratterizza il cervello dei Ciascuna  struttura del cervello ha proprietà peculiari che riguardano particolari tipi  di intelligenza, di memoria e di organizzazione spazio-temporale. Le tre sezioni costituiscono un Sistema interagente e funzionante come un’organizzazione  per livelli gerarchici in cui i circuiti più evoluti del sistema nervoso  inibiscono quelli più primitivi e, solo quando i nuovi circuiti falliscono, allora intervengono i più antichi.

    Il Sistema Nervoso Autonomo dell’uomo funziona nello stesso modo.
    Il secondo punto di differenza importante, tra la teoria classica del SNA e  la Teoria Polivagale è, quindi, la nozione stessa di “Nuovo Circuito” inteso  in senso filogenetico che evidenzia le interconnessioni biologiche tra le vie  afferenti e quelle efferenti. Il vago non è un unico nervo, ma è formato da  molteplici percorsi neurali che si originano in diverse zone del tronco  encefalico. 
    Quindi, Porges descrive il SNA composto da tre circuiti neurali,  gerarchicamente organizzati, che regolano l’adattamento dello stato  comportamentale e fisiologico in contesti relazionali e sociali sicuri,  pericolosi e potenzialmente letali:
     1) il ramo Ventrale Parasimpatico del nervo vago che risponde agli stimoli  sociali positivi;
     2) il ramo Simpatico-adrenergico che risponde alla mobilizzazione (iper-arousal  / attacco-fuga)
     3) il ramo Dorsale Parasimpatico del nervo vago che produce una risposta di  immobilizzazione o perdita di coscienza. 
1. Il  Sistema Ventro Vagale, evolutivamente il più recente, è presente       solo nei mammiferi e si è poi evoluto ulteriormente negli esseri umani.
E’ il Vago Intelligente, composto, per lo più, da fibre mielinizzate: quindi, funzionalmente mature e più efficaci, efferenti  del Nucleo Ambiguo che innervano gli organi sopradiaframmatici, è  associato con processi attivi di attenzione, movimento e comunicazione. Il SVV guida i muscoli del volto, della laringe, dei polmoni, del cuore e determina la nostra capacità di esprimere le emozioni con il volto, la voce, la prosodia e il respiro; risponde a stimoli sociali in situazioni di relazioni interpersonali favorevoli e sicure. Correla con l’attivazione fisiologica “ottimale”, definita da Siegel “finestra di tolleranza”.
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Nell’uomo consente cambiamenti impercettibili e  molto repentini degli organi interni, in particolare del ritmo cardiaco e  respiratorio, ovvero esercita una regolazione viscerale con un minimo impatto  sul sistema biochimico ad esso associato. La sua funzione fondamentale,  quindi, è quella di avere un effetto modulatorio del Sistema Nervoso  Simpatico e una inibizione del Sistema Dorso Vagale, determinando una  regolazione degli stati emotivi e del comportamento di coinvolgimento  sociale.
Vengono facilitati i sistemi di azione dell’attaccamento (ad es.:  lasciarsi cullare nelle braccia della madre, ricercare il conforto di una  persona amica, abbandonarsi ad un abbraccio amoroso, ecc.), della socializzazione,  del gioco, dell’esplorazione (Van der Hart et al. 2006). 
Il sistema Ventro  Vagale si forma tra il secondo e il terzo anno di vita e media la modulazione  delle emozioni da parte della corteccia prefrontale ventrale. Prima di questa  età, quindi, i bambini molto piccoli non sono capaci di modulare le proprie  risposte allo stress attraverso un’azione corticale, hanno bisogno che i loro  caregiver (gli adulti che li accudiscono) lo facciano per loro. La  Ricerca sulla Psicopatologia Infantile degli ultimi cinquant’anni -  considerando gli aspetti bio-temperamentali di ogni individuo - ha dimostrato  l’importanza delle buone cure tra genitore e bambino che consistono in  una sintonizzazione affettiva con i bisogni primari del piccolo che  sono il contatto fisico-uditivo-cinestesico e che facilitano la nutrizione, l’addormentamento e la vigilanza in uno stato di calma.
I processi  interattivi di regolazione neurofisiologica (genitore-bambino) permettono una  maturazione e una crescita del sistema nervoso organizzandosi  anatomo-funzionalmente in pattern di attivazione (connessioni neuronali), come schemi-circuiti di esperienze apprese. 
Dunque, questi nuovi  processi di attivazione di regolazione affettiva rimangono impressi nellamemoria episodica e, poi, immagazzinati nella memoria autobiografica e sono  potenzialmente attivi tutta la vita. Quindi, anche in età adulta, il SVV  modula e/o interagisce con il Sistema Simpatico in contesti in cui prevale il  senso della “sicurezza” e del “benessere”, come ad esempio nel divertimento  giocoso, nei comportamenti sessuali condivisi, ecc. 
2. Il  Sistema Simpatico Adrenergico
In situazioni di ambiente insicuro, al contrario, il Sistema Ventro-Vagale viene inibito. Il pericolo percepito attiva in automatico, o in       modo semi-automatico, il Sistema Simpatico adrenergico, facilitando le      reazioni di attacco o di fuga. In caso di mancata risoluzione       dell’attivazione simpatica, ovvero nel caso di continue minacce       ambientali, il sistema simpatico può rimanere attivo in uno stato di       iperattivazione (iper-arousal): paura incontrollabile, panico, immobilizzazione rigida, determinando a livello locale sul cuore disfunzioni del battito come le tachiaritmie. 
3. Il Sistema Dorso Vagale, il sistema di difesa non mediato dal Cervello      emotivo (lobo Limbico) e dalla Neocorteccia. Il più antico, è l’ultimo       sistema di emergenza nell’uomo. Un sistema di fibre non mielinizzate       controllato dal Nucleo Motore Dorsale che innerva gli organi  sottodiaframmatici (milza, fegato, stomaco, intestino tenue, colon tratto prossimale) e che riduce drasticamente il metabolismo di tutto il corpo. In situazioni di pericolo di vita, oggettivo o percepito – come nelle esperienze traumatiche acute e/o ripetute, in cui la minaccia è  soverchiante e insormontabile, non si può né fuggire né attaccare, si  attiva nell’animale come nell’uomo l’antica via Dorso Vagale, di  sottomissione, congelamento (freezing), dissociazione (percezione di essere estranei al proprio corpo o all’ambiente circostante), immobilità tonica, bradiaritmie fino alla asistolia con perdita di coscienza (sincope neuromediata). Tali reazioni, adattive e difensive in alcune specie animali, come la morte apparente (feigned death), perdono la loro funzione regolatrice negli esseri umani. La risposta dorsale vagale di ipo-arousal consiste in una disconnessione funzionale (detachment)       (Holms e al. 2005) tra le strutture del cervello tripartito, cioè tra le strutture limbiche inferiori (amigdala), il tronco dell’encefalo e  quelle superiori corticali. 
Altri  studi neurofisiologici hanno confermato ed integrato le ipotesi di Porges sui  meccanismi di disregolazione autonomica nei disturbi stress-correlati. 
Nella  pratica clinica in psicologia dell’emergenza e in psicotraumatogia sono spesso presenti quadri sindromici in cui si evidenzia anche una grave compromissione nella regolazione autonomica del tono vagale che può manifestarsi transitoria o cronica. 
Gli studi sulla variabilità del ritmo  cardiaco (HRV) di van der Kolk e colleghi (2015) in soggetti con Disturbi da  Stress Post Traumatici hanno evidenziano che questi soggetti, quando  ricordavano episodi di vita terribili, presentavano una significativa  instabilità della frequenza cardiaca, contrariamente ai soggetti del gruppo  di controllo che riuscivano a stabilizzare il battito e non avevano un  Disturbo post-traumatico. Altri recenti studi di neuroimaging (Lanius et. al.  2005, 2009; Shore, 2007) hanno evidenziato che l’arousal disregolato,  presente nelle varie forme traumatiche ripetute, determina una dissociazione  delle aree cerebrali normalmente collegate tra loro, che può manifestarsi  transitoria come nelle forme semplici di Disturbo da Stress Post Traumatico,  oppure può influire sullo sviluppo di alcune aree cerebrali, determinando un  deficit di integrazione tra l’attivazione emotiva (mediata dall’amigdala), i sistemi di significato profondo (mediati dal sistema prefrontale destro) e la  memoria esplicita (ippocampo e cervello sx), come nei Disturbi Complessi Trauma-correlati. 
In conclusione: le nuove frontiere della neuro-psico-fisiologia  hanno aperto le porte alla conoscenza “dell’essere umano” nella sua  complessità, la cui salute o malattia non può più prescindere dalla stretta  relazione con i contesti sociali-affettivi e ambientali. Scoprire i  meccanismi di come questa integrazione avvenga è una sfida che muove da  sempre la ricerca delle Scienze Umane.

 Paola Foggetti
 Psicoterapeuta, Psicofisiologa Clinica
 Psicologia d’Emergenza e Psicotraumatologia
 Sesto Centro di Psichiatria e Psicoterapia Cognitiva
 Roma
 Articolo pubblicato nel 2015 su www.cardiolink.it 

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