GLI SPAZI
DELL’IMMAGINARIO
Si può immaginare per sognare mondi diversi, per creare
soluzioni possibili … L’immaginazione è, da sempre, la guida
nelle grandi scoperte, nelle arti, nella poesia, nella lirica romantica, ma
anche nella vita quotidiana.
Immaginare è, quindi, una funzione evolutiva che promuove
adattamento e sviluppa la creatività in diversi ambiti dell’esistenza umana.
E’ un fenomeno neuropsicofisiologico strettamente connesso ai
processi di memoria a breve e lungo termine e condizionata dalla propria
cultura.
Immaginazione e memoria sono parti integranti l’una
dell’altra. Pensiamo alla memoria come a un processo attivo e dinamico che
riprende forma nel momento stesso in cui ricordiamo qualcosa. Anche quando
rievochiamo i sogni, questi non sono mai esattamente come nel momento in cui li
abbiamo sognati.
Noi crediamo di ricordare chiaramente ma le neuroscienze
dimostrano che la nostra memoria è parziale e imperfetta.
Memoria e immaginazione hanno in comune la rappresentazione dello
stimolo (visivo, uditivo, tattile, etc.), come nella percezione; in entrambi i
casi simulano qualcosa, ricreando, nel momento presente, nuovi contesti.
Le Scienze psicologiche e neuropsicologiche studiano da
decenni il rapporto tra percezione e immaginazione, alcuni studi hanno
dimostrato che il contenuto della percezione visiva (la rappresentazione di
immagini reali), sono decodificate dall’attività della corteccia visiva.
Questi dati confermerebbero la tesi
secondo la quale esisterebbero stretti legami tra l’attività dei recettori
sensoriali nella percezione visiva e l’immaginazione. Ma il fenomeno della visione reale o immaginaria è un processo che ha ulteriori connesioni.
Ma perché creiamo immagini? Qual è il loro scopo?
Vittorio Gallese in un recente articolo: "The Problem of images: a vew from the brain-body" su Phenomenology and Mind, 2018, approfondisce questo affascinante mistero.
Recenti ricerche neuroscientifiche, spiega Gallese, hanno cambiato le conoscenze sui meccanismi della percezione, dell'azione, della cognizione. La ricerca continua a individuare i meccanismi delle molteplici relazioni che intercorrono tra questi diversi sistemi e funzioni. Dopo le prime scoperte dei neuroni specchi (Gallese, Rizzolatti), i ricercatori italiani, propongono un nuovo modello psiconeurofisiologico della percezione e delle funzioni cognitive, che chiamano "simulazione incarnata", che rivela
la relazione costitutiva tra cervello-corpo e la ricezione di espressioni
creative umane.
La formazione di immagini e il loro sviluppo rimanda immediatamente all'esperienza estetica dell'arte.
Si espande da alcuni anni una nuova branca della ricerca:l'estetica sperimentale, facendo inorridire alcuni artisti e studiosi umanistici.
Come spiega anche Gallese, nel suo articolo, l'estetica sperimentale
L'immaginazione, come forma percettiva molto simile alla visione oggettiva, ingloba tutto il mondo intersoggettivo.
In questa direzione, il primo importante contributo della neuroscienza al problema delle immagini, è una nuova nozione di percezione visiva.
La neuroscienza dimostra che la visione è multimodale, comprende l'attivazione di reti cerebrali motorie, somatosensoriali ed emotive.
I motoneuroni, non solo causano movimenti e azioni, ma rispondono anche agli stimoli visivi, tattili e uditivi, in relazione con il movimento del corpo nello spazio, mappando gli oggetti che occupano quello spazio e così anche i movimenti e le azioni degli altri.
Essere
umani significa non solo sperimentare la realtà fisica, ma anche concepire mondi
possibili, arrendersi all'immaginazione e ai mondi irrazionali.
La
neuroscienza ci permette di capire come la linea tra ciò che chiamiamo realtà e
i mondi immaginari e l'immaginario di azione sono molto
meno nitidi e chiari di quanto si possa pensare.
In effetti, sperimentare
un'emozione e immaginarla sono entrambe sostenute dall'attivazione di circuiti
cerebrali parzialmente identici, sebbene collegati in modo diverso, quando sono
coinvolti in queste diverse situazioni cognitive e fenomeniche. Allo stesso
modo, vedere qualcosa e immaginarlo, agire e immaginare di agire, condividere
l'attivazione di circuiti cerebrali parzialmente comuni.
Un
recente studio EEG ad alta densità ha mostrato che i circuiti cerebrali che
inibiscono l'esecuzione dell'azione sono in parte gli stessi di quelli che ci
permettono di immaginare di agire (Angelini et al ., 2015).
L'espressione
creativa, attraverso la creazione di immagini, è legata al corpo non solo
perché il corpo è lo strumento di creazione dell'immagine, ma anche perché il
corpo è il mezzo principale che consente l'esperienza di immagini create
dall'uomo.
In conclusione, le neuroscienze contemporanee mostrano che ciò che vediamo
non è la semplice registrazione "visiva" nel nostro cervello di ciò
che sta di fronte ai nostri occhi, ma il risultato di una costruzione
complessa, il cui risultato è il risultato del contributo fondamentale del
nostro corpo con le sue potenzialità motorie, i nostri sensi e le nostre
emozioni, la nostra immaginazione e i nostri ricordi.
Dobbiamo abbandonare
definitivamente il concetto obsoleto di visione solipsistica e "puramente
visiva". La visione è un'esperienza complessa, intrinsecamente
sinestetica, cioè fatta di attributi che superano largamente la mera
trasposizione in coordinate visive di ciò che sperimentiamo ogni volta che
posiamo gli occhi su qualcosa. L'espressione "posa degli occhi"
tradisce infatti la qualità tattile della visione: i nostri occhi non sono solo
strumenti ottici, ma sono anche una "mano" che tocca ed esplora il
visibile, trasformandolo in qualcosa visto da qualcuno.
L'espressione creativa e ciò che ora designiamo
come arte sono tra le espressioni fondamentali della nostra specie.
PhMacro, opera "Le stanze dell'immaginario" (particolari), Serena Giorgi, (2018)
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